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Cessione Di Credito Pro Soluto

Cessione di credito pro soluto e crediti di impresa

Cessione di credito pro soluto

Attraverso la cessione di credito pro soluto il cedente trasferisce ad un terzo, il cessionario, un diritto.
Il soggetto obbligato nei confronti del cessionario prende il nome di creditore ceduto.

L’ordinamento privatistico contempla differenti istituti giuridici riconducibile alla cessione del credito.

In egual misura, l’ordinamento pubblicistico prevede diverse norme che disciplinano il caso in cui il creditore ceduto sia, invece, un soggetto pubblico.

Di seguito si esaminerà, in prima battuta, la normativa vigente in materia di cessione di crediti tra soggetti privati, ossia nel caso in cui il debitore ceduto, il creditore cedente e il terzo cessionario siano persone fisiche, o giuridiche, di diritto privato.

Cessione del credito pro soluto per impresa

La disciplina dettata dal codice in materia di cessione di credito rappresenta la regolamentazione generale dell’istituto, valevole per ogni cessione di credito tra soggetti privati.

L’ordinamento privatistico prevede anche norme speciali, che disciplinano particolari forme di cessione di credito.

La L. 21 febbraio 1991, n. 52 disciplina la cessione di crediti di impresa.
Essa trova applicazione per tutte le obbligazioni, sorte tra un imprenditore ed un soggetto terzo, che hanno per oggetto il pagamento di una somma di denaro.

Inoltre, a norma dell’art. 1, comma 1, lett. c), la L. 52/91 si applica solo se il cessionario del credito è una banca o ad un intermediario finanziario.

La L. 52/91 prevede alcune deroghe alla disciplina dettata dal codice.

Cessione credito pro soluto per impresa

Imprenditori e cessione del credito

Innanzi tutto è consentita la cessione di crediti inesistenti al momento della cessione. All’imprenditore è consentito non solo di cedere i propri crediti, ma anche di obbligarsi a cedere crediti che devono ancora sorgere.

In tal caso trova applicazione l’art. 1472 del codice, in base al quale la cessione ha effetto solo al momento in cui il credito viene ad esistenza (c.d. emptio rei speratae).

Nel caso in cui il credito non venga ad esistenza, la cessione è nulla, sempre che le parti non abbiano voluto concludere un contratto aleatorio (c.d. emptio spei).

In questo secondo caso, il cessionario è obbligato a corrispondere a colui che cede, la prestazione pattuita contrattualmente. In quanto le parti hanno accettato, i rischi connessi.

Una seconda deroga, rispetto al regime del codice, è rappresentata dalla cessione di crediti “in massa”, a norma dell’art. 3, comma 2 della l. 52/91, ossia la cessione della totalità dei crediti riferiti ad un determinato periodo di tempo, non superiore a ventiquattro mesi, o i crediti che si riferiscono ad uno o più determinati soggetti debitori. La cessione in massa può riguardare sia crediti esistenti, sia crediti futuri.

Un’ulteriore deroga rispetto al codice riguarda le garanzie connesse alla cessione. L’imprenditore cedente ha l’obbligo di garantire al cessionario l’adempimento del debitore ceduto.

Cessione del credito pro solvendo

Si è in presenza di una cessione pro solvendo ex lege, nella quale la garanzia del nomen bonum non è lasciata all’autonomia contrattuale delle parti, ma imposta dalla legge.

La banca cessionaria, a norma dell’art. 58, commi 2 e 4, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (T.U. bancario) ha l’onere di pubblicare l’avvenuta cessione sulla Gazzetta Ufficiale per renderla opponibile al debitore ceduto, non dovendo, pertanto, informare quest’ultimo tramite notificazione.

Il debitore ceduto, dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è tenuto ad adempiere presso la banca cessionaria e non più presso l’originario creditore. Alla conoscenza effettiva prevista dall’art. 1264 del codice è sostituita la mera conoscibilità.

Successivamente, si darà conto delle deroghe che l’ordinamento pubblicistico prevede, rispetto alla disciplina privatistica, nel caso in cui il debitore ceduto sia un soggetto pubblico.

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